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I siti web dei produttori di armi

Come sono fatti i siti internet di alcuni dei principali produttori di armi? C’è qualche tratto comune che rende imparentabili, sul piano mediatico, la Leonardo, la Rheinmetall, la Lockeed Martin e le altre? Oltre, ovviamente, al fatto che sono tutte aziende impegnate nel progettare, costruire e vendere armi.

di Umberto Maffei

* Guernica, Picasso

Laureato in Filosofia, è docente di Filosofia e Storia.

LA PRESENTABILITA’ MEDIATICA DI CHI VENDE LA MORTE PER BUSINESS

Questo articolo prova, in una maniera parziale, breve e non sistematica, a indagare che veste, più o meno, si danno i principali responsabili dell’industria bellica. L’ambizione è quella di approfondire i contorni di qualcosa che potremmo chiamare il comportamento linguistico di chi con le armi si arricchisce. E, insieme, quella di dare l’idea di come i trafficanti di morte (il papa li chiama così, non lo scrivente) provino a darsi una presentabilità mediatica che mette in secondo piano le conseguenze del loro business.

Già da uno sguardo veloce si nota una certa differenza tra come si pongono le aziende americane e come si pongono quelle europee. Nelle americane c’è un atteggiamento globalmente meno ipocrita, i buoni vecchi yankee vanno orgogliosi dei loro missili e dei loro carri armati e reputano, giustamente, più onesto non nasconderlo.

La Nothorp Grunman fa di “Difendiamo l’America e i suoi alleati” una specie di slogan. La sezione “etica” è oggetto di particolare cura di chi si occupa del loro sito. Alla voce “I nostri valori” possiamo leggere: “i nostri valori riflettono chi siamo e come trattiamo gli altri; questi valori definiscono chi siamo in quanto persone e in quanto (aderenti a una stessa) cultura e definiscono come agiamo come azienda…” (la traduzione -mia- non rende forse bene il senso della supercazzola).

Un monumentale intervento di land art ecosostenibile contro la guerra e l’utilizzo delle armi. L’opera dello street artist Saype è comparsa negli spazi esterni di fronte al complesso di edifici che ospita l’Ufficio delle Nazioni Unite, a Ginevra.

La Lockheed Martin insiste sulla difesa e sulla deterrenza: rendere il mondo un luogo più sicuro è il loro mantra. C’è una sezione sui “prodotti” che è abbastanza esplicita. Inutile precisare che alla voce “i nostri valori” la Lockheed Martin ci tiene a sottolineare che il rispetto della privacy, della parità di genere, delle minoranze è fondamentale.

La Raytheon Tecnologies (RTX)  si focalizza sul concetto, piuttosto vago o, meglio, ambiguo, di “padroneggiare il cielo” (own the sky). Non è avara di dettagli sulle caratteristiche dei suoi missili.

La Boeing, orgogliosa costruttrice dell’Air Force One, negli ultimi tempi impantanata in grossi problemi industriali (per lo più con gli aerei civili), è meno esplicita nella promozione delle proprie attività militari. Quanto al parco missili naturalmente rimarca come si tratti di missili intercettori che vanno a individuare e a neutralizzare gli attacchi esterni. Questa è una costante del linguaggio dei principali siti di armi: si ribadisce molto spesso che la montagna di investimenti intorno alle armi è sempre funzionale alla difesa e a prevenire le minacce esterne. L’attacco non è contemplato. Come se il confine tra difesa e attacco fosse chiaro e ben definito.

 Kids on gun – Bansky

Saltiamo in Europa. La Bae Systems, grossa multinazionale inglese, ricalca l’impostazione media delle aziende americane in fatto di chiarificazione delle proprie peculiarità. Non si schermisce di fronte all’evenienza che si trovi a trafficare con la morte e qua e là scatta pure una certa baldanza, laddove possiamo leggere “we provide a wide range of munitions, explosives, guns systems and artillery systems”.  Si è lontani parecchio da certi picchi di ipocrisia ravvisabili, ad esempio, nella Dassault Aviation o nella Leonardo.

Esplorando il loro sito, scopriamo che la francese Dassault Aviation fa una politica intransigente di lotta alla corruzione e al traffico di influenze. “Vasto programma!” verrebbe da dire… E’ molto attiva nella raccolta fondi per operazioni benefiche e nella sensibilizzazione per la donazione degli organi.

“L’impegno nel condurre il business responsabilmente lungo tutta la catena del valore è alla base dell’approccio di sostenibilità di Leonardo. Una responsabilità che guarda alle persone….”. Così è scritto alla sezione “business responsabile” di Leonardo. Significativo pure il richiamo alle operazioni di “peace enforcing”. Gli anglismi tornano sempre utili quando si vogliono dire le cose in un certo modo e Leonardo fa un generoso uso dell’inglese se serve un supplente linguistico per il lavoro sporco. Se si butta l’occhio sulla DRS, costola Usa di Leonardo, un’anima più bellicista viene fuori, i freni inibitori si allentano un po’ e non mancano foto di giovani Wasp in mimetica che imbracciano grossi mitragliatori.

Nel suo sito la Rheinmetall, colosso tedesco della armi (…quando sentiamo parlare della forza industriale tedesca una parte di quella forza è legata agli armamenti) privilegia l’aspetto della vulnerabilità del pianeta, della sua fragilità. Di fronte alle minacce alla nostra cara vecchia Terra, loro si dichiarano in prima linea per cercare di invertire la rotta. Un’operazione ipocrisia e ruffianeria parecchio insidiosa e stucchevole. Il sottotesto di certo paternalismo è “non ti preoccupare, ci siamo noi a difenderti”. Stessa solfa -rendiamo il mondo più sicuro bla bla- si trova dando un rapido sguardo alla norvegese Konksberg Gruppen. Per cui non mi ci dilungo.

Il conflitto Israelo-palestinese va ormai avanti dal 1948, ma il 7 ottobre 2023 Hamas ha aggredito Israele, scatenando così attacchi missilistici, rapimenti di civili e soprattutto un numero inimmaginabile di morti con la successiva risposta militare indiscriminata di Israele nella striscia di Gaza.

Questo articolo ha preso le mosse proprio da una minuscola notizia captata sul web: un giovane attivista norvegese, Ole Bertheus Sørensen, si è fatto una ventina di giorni di carcere per aver danneggiato dei macchinari della Kongsberg Gruppen, colpevole di fornire componenti per le armi che ammazzano i Palestinesi a Gaza.

Il ragazzo, vandalizzando alcuni macchinari, ha rallentato delle consegne. Ci piace pensare che il suo atto, isolato, generoso, abbia contribuito a far versare qualche litro di sangue palestinese in meno.

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4 risposte su “I siti web dei produttori di armi”

Molto interessante. Sarebbe bello che se ne discutesse insieme e trovassimo il modo per associarci, quando ci sono le marce per la pace, con libera etc. per dare concretezza alle nostre azioni.

Caro Vito, col tempo una certa disillusione si va facendo strada. La riduzione degli armamenti, di cui si sentiva parlare quando è arrivato il millennio nuovo, non pare nell’agenda politica delle nazioni. Anzi è vero il contrario: si producono sempre più armi

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