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L’Ottocento a Benevento

L’ultima fatica di Antonio D’Argenio è una interessante pubblicazione di carattere storico economico riguardante la provincia di Benevento della seconda metà dell’Ottocento. Il lavoro, ambizioso per le fonti trattate, lascerà traccia all’interno della storiografia di settore che annovera storici quali Paolo Macry, Alberto Mario Banti e Lucy Riall.

di AC Alveare

* Prima di copertina del libro L’Ottocento a Benevento – Uno studio sulla fonte successoria e notarile di Antonio D’Argenio editore Realtà Sannita

ANALISI STORICO ECONOMICA DELLA SOCIETA’ BENEVENTANA NEI PRIMI ANNI DELL’UNITA’ D’ITALIA

Volendo riassumere le finalità e l’importanza anche in chiave sociale del lavoro storiografico di Antonio D’Argenio è sufficiente riportare la descrizione che i vari circuiti di distribuzione nazionale associano all’opera.

L’Ottocento a Benevento – Uno studio sulla fonte successoria e notarile sintetizza <<Le strategie familiari e i valori patriarcali analizzati nelle famiglie beneventane dell’Ottocento, alla luce delle nuove interpretazioni storiografiche. Consistenza patrimoniale e distribuzione della ricchezza dei vari gruppi sociali cittadini, con l’individuazione di un ceto di frontiera, un ceto medio, dai contorni difficili da definire che ha permesso di cristallizzare comportamenti pregressi, agendo come freno per l’ordine sociale. Ricchezza e potere in un’economia organizzata su base familiare che ha imperniato l’intero secolo XIX e che costituisce una via autonoma tra la borghesia ed il terzo Stato.>>

Il quadro economico e sociale della città e della provincia analizzato non era certamente roseo: l’analfabetismo imperava. Basti sapere che al 31 dicembre 1881 si contavano, nella provincia di Benevento, 82 analfabeti su 100 abitanti con matrimonio, nel 1887 furono il 76 %, mentre il 63% degli arruolati nell’esercito della leva del 1867 furono trovati mancanti dei primi elementi d’istruzione una età superiore a sei anni. Nel 1886 i versamenti riguardanti le imposte dirette, quelle sugli affari e sui consumi, ammontavano a meno di 20 lire per abitante, il 41% in meno di quello che versavano gli altri italiani. Si spedivano in media 6 lettere o cartoline per abitante mentre la media del Regno era tre volte maggiore.

Imperava l’emigrazione: dai 409 emigranti del 1884 si arrivò a contarne 3.686 quattro anni dopo con un incremento dell’800%! Nel comparto industriale il lavoro già polverizzato era nella maggior parte dei casi stagionale e ci piace sottolineare che l’unico dato positivo riguardava il lavoro a domicilio nel settore tessile: tra il 1876 ed il 1888 è stato possibile riscontrare un incremento del numero di telai, da 1505 a 1771 quasi il 18%; trattasi delle cosiddette “fabbriche invisibili”, come sono state ultimamente definite.

L’Ottocento a Benevento – Uno studio sulla fonte successoria e notarile di Antonio D’Argenio, editore Realtà Sannita

L’intero secolo viene analizzato attraverso due fonti, una delle quali possibile solo con l’avvento dello Stato Liberale: le dichiarazioni di successione. Esse hanno permesso di analizzare la consistenza patrimoniale dei vari strati sociali permettendo di collegare la relazione tra Ricchezza e Potere, essendo consapevoli che un particolare tipo di proprietà poteva produrre un diverso valore sociale; per cui seguendo la trasformazione delle ricchezze patrimoniali poteva essere indagato il mutamento del rapporto tra Ricchezza e Potere. In sostanza la proprietà immobiliare permetteva ai suoi possessori di percorrere la strada principale che nei sistemi censitari assicurava la partecipazione alla vita politica, mentre la proprietà mobiliare diventava essenziale per capire come i gruppi borghesi in ascesa nei centri urbani come Benevento, quindi non industrializzati, utilizzavano ciò per creare un canale di potere economico e sociale nei confronti di famiglie nobili in crisi, verso artigiani, commercianti e contadini.

Antonio D’Argenio è docente di Diritto ed Economia, educatore Finanziario,  studioso di storia locale. Diversi sono i suoi contributi in ambito storico economico sull’analisi della società beneventana durante il passaggio dallo Stato pontificio al Regno d’Italia. Di particolare interesse è anche lo studio sulla storia del teatro comunale Vittorio Emmanuele II di Benevento. Si veda la presentazione del 26 ottobre 2023 presso il teatro in occasione dell’evento Res Cogitans.

Nell’analizzare la proprietà immobiliare ci si è imbattuti nell’Enfiteusi ed in particolare in quella beneventana (si veda l’articolo apparso su il Ronzìo” n. 17 Do ut des a pagina 14), mentre l’analisi di quella mobiliare ci ha svelato la propensione all’investimento dei ceti sociali maggiormente dotati finanziariamente. Da questi dati non solo si ricava quanto scritto ma emerge anche un regime di proprietà a cui gli immobili erano sottoposti, mentre per la parte mobiliare emergono i vari tipi di strumenti finanziari del tempo: censi bollari, rendita sul Debito Pubblico, crediti e mutui.

I patrimoni sono stati suddivisi in tre fasce: superiori a 10.000 lire; tra 1.000 e 10.000 e inferiori a 1.000 lire. Nella fascia più alta è stato anche possibile separare i patrimoni nobiliari da quelli borghesi con non poche differenze sostanziali. Nell’immobiliare, come detto in precedenza, ci siamo imbattuti nell’enfiteusi constatando che nel passaggio tra il primo e il secondo periodo i beni immobili “franchi e liberi”, cioè non più sottoposti a tale contratto aumentarono e di molto. Questi tipi di immobili passarono dal 9,4% al 22,1%, mentre di conseguenza gli immobili dati in “utile dominio” crollarono dal 18,3% al 6,3%.

L’altra fonte, invece, è stata quella del Fondo Notarile presso l’Archivio di Stato di Benevento ed ha riguardato il fondo Testamenti. Sono stati sfogliati solo quelli dei notai e dei cittadini beneventani nel corso, però, dell’intero secolo. Se le dichiarazioni di successione hanno permesso di analizzare come veniva accumulato il patrimonio, i testamenti hanno permesso di capire come esso veniva distribuito applicando la “pratica del privilegio”.

Il notaio Raniero di Quentin Massys

Di certo il testamento veniva utilizzato da chi voleva attribuire il proprio patrimonio in modo diverso da quello previsto dalla legge. “Disponibile” e “legittima” erano le due parti in cui si poteva suddividere la massa ereditaria per cui, ad esempio, la signora Pellegrina Zollo, vedova con due figli, un maschio ed una femmina attribuì al primo il 75% e alla seconda solo il 25%, in quanto il figlio maschio ebbe la metà con la disponibile e ancora la metà della legittima. Francesco De Angelis, nell’aprile del 1889, decise che avendo avuto 6 figli, tre maschi e tre femmine, volle assegnare la disponibile ai maschi e alle femmine un sesto della legittima. In questo modo le figlie femmine ottennero solo l’8% dell’asse ereditario del padre.

Tribunali celesti, messe d’interdizione, espiazioni delle pene ma anche legati, usufrutto, collazione, doti; tutti strumenti questi utilizzati nei documenti analizzati.

Un passaporto per il cielo ma anche meccanismi particolari per realizzare le strategie familiari privilegiando i maschi alle femmine, i primogeniti ai cadetti, gli sposati ai celibi e ai religiosi, con l’unico scopo di evitare il frazionamento dei beni che scaturiva dalla moltiplicazione demografica non controbilanciata dall’incremento della massa ereditaria. Le relazioni all’interno delle famiglie assumevano particolare importanza relativamente ai vari ruoli, come ad esempio come quello della “ linea femminile”. Spesso le figlie femmine venivano estromesse dall’eredità nel momento in cui si sposavano ottenendo un’anticipazione in denaro, oppure come “ le doti” che erano vere e proprie cassaforti per conservare ricchezza, sottolineando la marginalità del ruolo femminile rispetto al patrimonio della famiglia ma che, allo stesso tempo, erano dei macigni dai quali non era facile liberarsi.

La ineguaglianza scaturiva anche da consuetudini antiche per cui si procedeva ad una selezione fra i discendenti non avendo potuto incrementare la massa ereditaria.

Notaio di Botero

Il lavoro, come già affermato, si presenta ambizioso anche perché, per la prima volta nella storiografia cittadina, permette di individuare un gruppo sociale in ascesa che riducendo gli attriti tra i ceti estremi e alimentando di continuo i valori tradizionali, è riuscito a non modificare niente o quasi della società creata in precedenza, costruendo in pratica una sorta di ponte sociale e che nei periodi successivi saprà utilizzare al meglio il rapporto Ricchezza – Potere di cui abbiamo parlato precedentemente.

Un’ultima considerazione la si deve all’elenco dei notai sul territorio cittadino e ai testimoni che in qualche modo permettono di far rivivere per un attimo i vicoli, le piazze e in genere i quartieri di allora. Permette di inoltrarsi nelle stanze dell’epoca e di ricostruire gli ambienti civici del momento. In questo modo ognuno di noi potrebbe rispecchiarsi nelle proprie origini.

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