Nel centro storico di Castelcivita (SA) vi è stata l’importante scoperta di una stele, in pietra arenaria, del V sec. a. C. che presenta otto sillabogrammi egei, incisi dai Greco-ciprioti, meglio conosciuti come Enotri. Da un precedente studio unitamente alla scoperta della stele prende vita il lavoro, pubblicato da “Il Saggio” di Eboli (SA), dal titolo “L’Oriente abita l’Occidente. Gli Enotri e i sillabogrammi egei sulle mura di Castelcivita” L’autore ripercorre i punti salienti dello studio sintetizzandoli in due appuntamenti.
di Giuseppe Figliolia Forziati
* Foto estratta dal sito Il Cilentano
Laureato in Lettere moderne svolge un’opera di sensibilizzazione, recupero e salvaguardia del patrimonio materiale e immateriale di Castelcivita. Ha realizzato diverse pubblicazioni su riviste mensili e depliants.
GLI ENOTRI E I SILLABOGRAMMI EGEI SULLE MURA DI CASTELCIVITA
Castelcivita è un abitato con una lunghissima stratificazione e il suo originario nome è oppido Alburno, se consideriamo l’errata trasposizione del termine «Civita», passato, poi, ad indicare l’abitato montano posto a mille metri d’altezza, perché Castelcivita fu il centro politico di tale giurisdizione, come indicano i resti della porta pretoria augustea, dell’acquedotto romano, la strada romana «Varco del Vano», basolata e recante un cippo decussato, databile agli anni prima di Cristo e lo stesso impianto urbanistico; l’indicazione mi venne dallo storiografo Lucido Di Stefano, quando parla della Civita: «L’altra [cosa] è nel credere, che la Civita in tempo era abitata avuto avesse altro nome, quando che sempre così fu appellata, distinguendosi dall’altra di simil nome, col solo agiunto di Alburna dal Monte ove è sita, sebene Vibio Sequestro col solo nome di Alburno chiamolla: Siler in Lucania, Oppido Alburno […]»; aveva il suo porto, che tanti cercano altrove, presso il mulino grande baronale sul fiume Calore, attiguo alla località «Pietra tonda», sovrastato dalla torre quadrata che, a sua volta, controllava il ponte pestano e la strada militare basolata che passava su di esso.
Sulle mura del Vaglio avevo notato, già nello scrivere il saggio «L’Oriente abita l’Occidente», che alcuni blocchi, quelli più grandi, recavano dei segni corrispondenti alla nona lettera maiuscola dell’alfabeto italiano I, ma con i tratti orizzontali allungatiIe per documentarmi, ho letto il saggio del prof. Luigi Vecchio sui contrassegni alfabetici delle mura di Velia1.
I tratti orizzontali lunghi, rispetto al grafema del greco antico, mi portavano ad affermare che si trattasse della settima lettera dell’alfabeto fenicioI, rappresentazione semplificata di «zain», che significa «arma», lettera corrispondente alla lettera greca Zeta (Ζ, ζ).
Tale significato richiamava alla mente il toponimo popolare «‘mBier’ l’Arma», «Piedilalma» nella mappa catastale, indicante una località posta alle spalle della collina di Castelcivita, sull’altro versante della vallata, dove sorge un villaggio di pastori: secondo gli studi condotti dall’Università di Salerno, «Piedelalma è cattiva trascrizione di pié dell’arma, località ai piedi della fortificazione (arma) poco distante e a Nord di Castelcivita […]»2 , toponimo presente anche a Corleto Monforte, la porta “Capo d’Armi” e l’altra detta “Piedilarmi”, termine coincidente con la cinta muraria che chiudeva l’abitato, pertanto si desume che a Castelcivita il toponimo doveva coincidere con la fortificazione poligonale irregolare del Vaglio.
Iniziando l’osservazione da sinistra, sulle tre pietre più grandi della cinta muraria, si notano rispettivamente tre lettereI: la prima è regolare, la seconda ha l’asta verticale inclinata, scolpita in diagonale, rispetto ai due tratti orizzontali paralleli, la terza presenterebbe la stessa caratteristica ma, il pezzo lapideo centrale si è staccato, proprio dov’è il taglio dell’asta verticale, a causa del logorio del tempo.
Leggendo la tesi di dottorato di Francesco Soldani, capisco che tali grafemi lineari fanno parte del sillabario cipriota classico e rappresentano la variante diacronica del sillabogramma ciprominoico (α) CM001:CM1, corrispondente alla sillaba we3: (β) SCC we identifica il primo grafema a sinistra delle mura e (ε) SCC we il secondo e il terzo.
Per capire di cosa si tratta, fornisco un quadro storico sulle evoluzioni dei sillabari egei: tutto inizia a Creta, dove i Minoici inventano il geroglifico cretese, detto anche sillabario cretese antico (H), attestato dal 2000/1900 a.C. al 1700/1650 a.C., ma in alcuni contesti, si arriva fino al XVI sec a.C.: si tratta di una scrittura non decifrata; seguì la lineare A (A), scrittura solo parzialmente decifrata, creata intorno al 1750 a.C. c.a, la cui ultima testimonianza è del 1350 a.C. c.a; i Micenei, venuti a contatto con i Minoici, crearono la lineare B (B), scrittura quasi completamente decifrata, attestata tra XIV e XIII sec. a.C: il geroglifico e la lineare A si affermarono nell’isola di Cipro dopo il 1750 a.C. e prima del 1450/1350 a.C., infatti il ciprominoico, ha fatto da tramite tra le lineari A e B e il sillabario cipriota classico o comune4; il ciprominoico (CM), attestato dal 1600 al 1050 a.C., la cui lettura, oggi, secondo il Soldani, è considerata in ambiente accademico un tabù, è suddiviso in quattro gruppi differenti: ciprominoico arcaico o ciprominoico 0 (CM0), ciprominoico 1 (CM1), ciprominoico 2 (CM2) e ciprominoico 3 (CM3); il sillabario cipriota classico (SCC), scrittura sillabica quasi completamente decifrata, è attestato dal 1000 a.C. c.a al 330 a.C. c.a.; dal sillabario cipriota classico e dagli altri dialetti, nacque il greco alessandrino o ellenistico o comune, detto anche koinè greca, attestato dal 330 a.C. al 330 c.a.
Ritornando alle due varianti presenti sulle mura del Vaglio di Castelcivita, il Soldani fornisce queste sue interpretazioni: «Come avviene anche per la lineare B, il ciprominoico necessita di un segno innovativo per la resa della sillaba we, apparentemente mai esistita nei sistemi grafici creati sull’isola di Creta: viene pertanto creato un segno assai semplice, CM001 (figg. α, γ), composto da un’asta verticale delimitata da due tratti orizzontali paralleli di dimensioni variabili, che risultano generalmente più estesi in CM2 (il che adegua CM001 al modulo degli altri segni), e meno evidenti in CM1. Il sillabario cipriota classico mutua in origine le forme ciprominoiche, e in particolare quelle visibili in CM26, per SCC we (fig. β), ma l’asta verticale di questo sillabogramma tende successivamente a tramutarsi in una barra (figg. δ, ε), inclinandosi, all’apparenza indifferentemente, verso destra o verso sinistra, il che conferisce al segno la forma di una Z, rendendolo, in maniera a mio avviso del tutto casuale, simile a B75, legato al valore fonetico we in lineare B»5.
Ora, considerando il contesto castelcivitese sul quale sono poste le varianti e il riferimento all’«Arma», tali varianti sembrerebbero indicare l’influsso operato dall’alfabeto fenicio su quello cipriota, per quella necessità di adattare la scrittura cipriota alla lingua greca, appunto derivante dal fenicio: sulle mura, è fissato proprio quel momento della mutazione in cui la lettera feniciaI, adottata dal sillabario cipriota comune come segno innovativo per integrare le lacune del ciprominoico, prende le caratteristiche della lettera greca Ζ, da ciò si deduce che il valore fonetico non corrisponde a we, ma alla sillaba za. Infatti, l’isola di Cipro fu un crocevia di popoli e i Ciprioti, come spiega il Soldani, furono aperti all’uso pratico dei nuovi sistemi grafici, perché di uso più facile e più utile rispetto ai sillabogrammi e quindi, negli ultimi secoli di vita, chi usava il sillabario cipriota classico era anche bravo a usare il greco alfabetico e, in taluni casi, perfino il fenicio; tale decadenza iniziò dal VI sec. e si concluse nel IV sec. a.C.. Tra vari documenti ho visto che i due grafemi lineari sono presenti sulla tavoletta bronzea di Idalion, custodita presso la Biblioteca nazionale di Francia a Parigi, datata alla prima metà del V sec. a.C: quindi, se i Lucani conquistarono Paestum tra il 420 e il 410 a. C., allora le mura del Vaglio si possono datare tra VI e prima metà del V sec. a.C. La tesi viene confermata dalla storia di Cipro, perché i Greci ciprioti diventarono costruttori di mura ciclopiche, grazie ai contatti che ebbero con i Micenei6.
A questo punto mi viene spontaneo identificare gli Enotri con i Greci ciprioti, giunti in Italia alle soglie dell’Età del Ferro (XI sec. a.C.), infatti «Dionigi di Alicarnasso disse che gli Enotri furono i più antichi colonizzatori provenienti dalla Grecia. […] Gli antichi storici greci dicevano che provenivano, all’inizio dell’Età del ferro (XI secolo a.C.), dalla Grecia insieme ad altri popoli dello stesso gruppo etnico attraverso il Canale d’Otranto»7.
Quindi, alla luce di ciò, va riconsiderato anche l’insediamento enotrio di Monte Pruno nel comune di Roscigno e le stesse mura del sito di Tufariello, presso Buccino, sito in cui, nonostante le forti evidenze archeologiche di matrice egea, non viene mai presa in seria considerazione la vitale e forte propensione delle genti del Mediterraneo orientale a spostarsi e a stabilirsi anche nella nostra penisola italiana8, come già affermavano gli archeologi di fine Ottocento e inizio Novecento, operando un’errata contestualizzazione dei nostri territori.
Si trascura sempre, a mio parere, di considerare i luoghi e i toponimi che ci ricordano il viaggio di Ulisse sulle coste dell’Italia e di Enea fino alla foce del Tevere; il nome Italia, secondo la tradizione, deriverebbe dalla popolazione dei Vituli o Vitelli che, guidati dal re Italo, secondo Antioco di Siracusa erano in origine Enotri; Diodoro Siculo scrisse dell’arrivo del re Minosse ad Agrigento per catturare Dedalo, fuggito da Creta e vi sono varie evidenze archeologiche che si richiamano a quel periodo e la stessa Puglia è legata al mito cretese9.
Le mura difensive di Castelcivita, adattandosi agli strapiombi e ai dislivelli caratterizzati da zone piane e da altre con rocce fuoriuscenti, rappresentano un esempio di «Geländemauern», seconda cinta muraria rispetto a quella che racchiude la polis, andando a circuire e difendere una specie di zona franca, nella maggior parte dei casi priva di abitazioni, databile, nei casi più antichi, tra i quali rientrano Cuma e Velia, al VI sec. a.C., come fino ad ora dimostrato per Castelcivita.
Il sillabogrammaI, che ho trovato anche su una piccola pietra di riutilizzo posta nell’angolo curvilineo del muro che cinge l’orto dei Forziati, in via F. Rismondo, dato che nei pressi passavano le mura del Vaglio, ha una funzione apotropaica, come i mascheroni, le linguacce, gli animali mostruosi che adornavano i portali nel Medioevo e nell’Età moderna, ma anche sacra se consideriamo la presenza di piccoli sacelli nei pressi delle porte che, nei primi decenni dell’anno Mille, furono consacrati al culto cristiano (S. Nicola vecchio, S. Cristofaro, S. Sebastiano ecc.) e quelle che definii fosse granarie, una è sotto la piazza Umberto primo nel locale di Antonio Madaio, sono dei bothroi, cioè altari delle divinità ctonie, pozzi rituali, fosse votive già datati al VI sec. a.C., perché nel vicolo Vincenzo Costantino «rione Curillo», dov’è l’orto di mia proprietà, sotto alla piazza Umberto I, trovai dei frammenti di coroplastica rappresentante una testa di Medusa.
Sulla falsariga delle lettere fenicie, poste presso le porte delle mura di Erice, in Sicilia, l’«Arma» di Castelcivita essendo un vallo, uno sbarramento, emana il seguente messaggio: le mura sono un’arma potente, contro le quali il nemico non prevarrà.
Se consideriamo il significato del toponimo «vaglio», che identifica l’omonimo comune della provincia di Potenza, il Racioppi dice che deriva dal latino vallum, luogo fortificato, a Castelcivita chiamato arma in epoca greca.
Referenze bibliografiche
1 Cfr. L. VECCHIO, I contrassegni alfabetici sui blocchi, in MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI SOPRINTENDENZA AI BENI ARCHEOLOGICI DI SALERNO E AVELLINO, “La cinta fortificata e le aree sacre velia”, a cura di G. T. SCIARELLI, Verona 2009, pp. 135-138.
2 V. M. CESTARO, Il carsismo nei toponimi del Comune di Castelcivita: primi risultati di una ricerca didattica di gruppo, in «Studi del Car.Topon.St. Laboratorio di Cartografia e Toponomastica Storica fondato e diretto da Vincenzo Aversano», a. 2005-2006, n. 1-2, Gutenberg Edizioni, Fisciano 2006, p. 92.
3 Cfr. F. SOLDANI, Interconnessione grafica tra i vari sillabari egei e loro leggibilità [tesi di dottorato in Filologia, Letteratura, Storia e Tradizione del Mondo Classico], Scuola di Dottorato Humanae Litterae: Università degli Studi di Milano, a. a. 2009-2013, p. 175.
4 Cfr. F. SOLDANI, Interconnessione grafica tra i vari sillabari egei e loro leggibilità, cit., p. 16. 5 F. SOLDANI, Interconnessione grafica tra i vari sillabari egei e loro leggibilità, cit., p. 175.
5 F. SOLDANI, Interconnessione grafica tra i vari sillabari egei e loro leggibilità, cit., p. 175.
6 Cfr. <https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_di_Cipro>
7 <https://it.wikipedia.org/wiki/Enotri>
8 Cfr. C. DE GREGORIO, Cipro e l’Italia tra il Tardo Bronzo e la prima Età del Ferro [tesi di laurea in Scienze dell’Antichità: Letterature, storia e Archeologia], Università Ca’ Foscari di Venezia, a. a. 2012-2013, pp. 26 e 69.
9 Cfr. <https://www.lasiciliainrete.it/culti-miti-e-leggende-dellantica-sicilia/gli-eroi/dedalo-e-minosse/> .