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La vita, uguale per tutti?

In occasione della finale live della sesta edizione dell’Aquara Music Fest, abbiamo condiviso alcune riflessioni su quello che è accaduto negli ultimi anni e che sta ancora accadendo nel mondo e che riguarda il bene più prezioso che hanno le persone, la vita.

di Marcello Marro & Giovanni Salurso

* “Congresso dei popoli per la pace”, Frida Hahlo.

Marcello Marro, Laureato in Matematica, è docente di Matematica e Fisica.

Giovanni Salurso, studente del corso di laurea magistrale in Scienze storiche e orientalistiche.

GLI INTERESSI DELLE SUPERPOTENZE E DELLE MULTINAZIONALI DETTANO LA CLASSIFICA DEI DIRITTI UMANI

Potremmo definire la vita come lo spazio temporale compreso tra la nascita e la morte. Ogni persona ha il suo spazio, chi più ampio e chi più breve, vissuto più o meno intensamente e per questo la vita, un po’ come la legge, non è uguale per tutti. Potremmo dire che la vita di un intero popolo corrisponde alla somma dello spazio vitale di tutti quei soggetti che appartengono ad una stessa comunità. Anche in questo caso la vita di un popolo non è uguale a quella di altri popoli.

Ancora oggi vi sono numerosi popoli che vivono in condizioni disumane a causa di conflitti determinati da ragioni economiche, nazionalistiche, religiose, sostenute dall’interesse privato di pochi a discapito del benessere collettivo. Si stima che una persona su sei viva in un’area in cui vi è un conflitto attivo. Nonostante vi siano più di cinquanta paesi coinvolti in situazioni di conflitto, l’attenzione dei nostri media è più frequentemente centrata sui conflitti ritenuti più rilevanti a livello internazionale o geopolitico, spesso causati dagli scopi imperialistici di coloro che governano le superpotenze del mondo.

Eppure, ciò che una volta veniva chiamato “Terzo Mondo” è disseminato da decine di conflitti. Non solo fra stati: dietro le quinte dei processi economici globali si trovano lande devastate da sfruttamento e crimini contro l’umanità. Squadroni della morte e organizzazioni paramilitari si assicurano che i profitti delle multinazionali siano al sicuro, compiendo stragi e massacri, anche per il solo sospetto di qualche “pericolosa” attività sindacale. Popolazioni povere in paesi ricchi di risorse, come le Filippine, il Congo, il Perù, vivono tali conflitti oramai “invisibili” ai nostri occhi. Le tragedie umanitarie in questi territori sembrano non interessare più di tanto la nostra informazione. La tragedia umanitaria di Gaza, invece, è dinanzi agli occhi di tutti, ma riposizionata dai media in recinti non dannosi per la posizione internazionale dei nostri governi, sostenendo la sproporzionata reazione israeliana. Lo dimostra l’ingannevole narrazione del massacro ancora in corso.

Salvador Dalì – Il volto della guerra

In questi ultimi anni, i media occidentali si sono armati della loro miglior propaganda per condizionare l’opinione pubblica circa la necessità del sostegno militare allo stato ucraino. Si dice che sia un dovere morale aiutare le vittime di una così violenta aggressione come quella russa, che chiaramente è ingiustificabile, ma la retorica difesa del diritto internazionale cade ipocritamente nel momento in cui i nostri governi propongono l’invio delle armi come unica via alla risoluzione del conflitto in atto. Il sospetto è quello di un utilizzo opportunistico della sofferenza di un popolo per giustificare ai nostri occhi manovre discutibili di politica internazionale inserite in un più ampio scontro fra imperialismi.

Nonostante in tante altre parti del mondo vi siano quotidianamente vittime di guerre, il dibattito internazionale si rivolge esclusivamente a poche allarmanti situazioni, sfruttando la paura in modo da condizionare la ragione e le nostre scelte, alimentare l’odio e il rifiuto dell’altro. La vita di alcuni è più degna della vita di altri e in particolare la vita di alcuni popoli è più importante di quella di altri, che si traduce in “la cura degli interessi delle classi dominanti di alcuni popoli e dei loro monopoli giustifica la negazione dei diritti degli altri”. In polemica anticomunista, George Orwell scrisse ne La Fattoria degli animali che “tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”, tuttavia è proprio questo mondo capitalista, segnato dalla guerra, a mostrarci che “le vite di tutti gli uomini hanno lo stesso valore, ma alcune hanno più valore delle altre”.

Abbiamo dunque voluto dedicare la serata del 24 Agosto a tutte le vite che soffrono le atrocità della guerra, a tutte ugualmente, senza distinzioni. Sono le disuguaglianze economiche e sociali a dividere gli esseri umani sulla terra, non il colore della pelle, la lingua, i costumi o la religione: nessuna guerra tra i popoli!

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