Rivivi la serata di teatro all’ombra del castello ducale del 24 agosto 2018
[…] Illa suum, quamvis radice tenetur, vertitur ad Solem, mutataque servat amorem. Benché trattenuta dalla radice, essa si volge sempre verso il suo Sole, e anche così trasformata gli serba amore. Nel IV libro delle Metamorfosi di Ovidio, viene narrata la vicenda della ninfa Clizia, che – dopo essere stata abbandonata da Apollo – decide di adagiarsi al suolo senza toccare più cibo né acqua, con un solo orizzonte negli occhi: il carro del Sole e il volto del suo amato dio, che sorge e tramonta. Priva di forze, lentamente, la giovane si tramuta in girasole. Ma, nonostante la trasformazione, ella continua ad amare Apollo; e, esattamente come faceva da essere umano, non cessa di seguirlo. Da est a ovest. Di nuovo, dunque, le Metamorfosi di Ovidio; rilette e riscritte, questa volta, con un preciso riferimento alla nostra contemporaneità, nella quale la metamorfosi è all’ordine del giorno e i cambiamenti così repentini da avere la velocità di un click sulla tastiera di un computer. Nell’era di Twitter e Instagram, ci si trasforma costantemente. Mutante di se stesso, l’uomo assume sempre di più le sembianze di un automa. Ed è in questa spasmodica e affannante mutazione, che ci chiediamo se almeno qualcosa riesca a rimanere vera, primigenia, pura. Anche l’Amore si può taggare? Secondo Ovidio, esso rimane immutato nel cuore di Clizia nonostante la metamorfosi. Forse il Mito può insegnarci qualcosa: il fulgente bagliore dell’affetto e la tenerezza e il calore di un abbraccio ci ricordano che siamo umani e non un profilo Facebook, un username, una password. Un numero.